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Episodio 296 - Comunicazione senza giudizio: è possibile?

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Comunicazione senza giudizio: è possibile? Si può sempre dire tutto?
In che modo la comunicazione va utilizzata? Come si può superare il giudizio degli altri?
Spesso parliamo del giudizio dal punto di vista di chi è giudicato. Ma qual è il punto di vista di chi giudica?
Oggi sembra andare molto di moda la frase “io dico tutto quello che penso”, ma questo implica una grande responsabilità e occorre farsi delle domande.
Quando sentiamo la spinta a dire per forza qualcosa, possiamo chiederci: il mio pensiero è giusto? Cosa provoca nell’altro? L’altro è pronto a ricevere il mio pensiero? L’altro ha chiesto un mio pensiero o un giudizio?
Le parole sono come un coltello affilato, quindi è necessario saperle usare. Occorre prestare attenzione a come diciamo le cose; non si tratta di mentire ma di maneggiare con cura la nostra comunicazione.
La parola è un arma, è una forma di potere. Forse oggi il più grande potere che abbiamo è proprio nella parola, anche attraverso la comunicazione di massa.
Quando noi comunichiamo ed esprimiamo un giudizio, di chi è la responsabilità? È di chi giudica o di chi reagisce al giudizio? Ma cosa è il giudizio?
Non è dire ciò che si pensa, non ha niente a che vedere la verità. È uno strumento di una nostra parte egoica che non è adulta e vuole eliminare ciò che le ricorda le sue mancanze. Quando siamo pieni interiormente non abbiamo il tempo di giudicare. Il giudizio nasce da una sofferenza interiore.
La domanda da farsi quando siamo di fronte al giudizio è: cosa mi spinge al giudizio? Qual è la sofferenza che c’è dietro? Cosa ci manca?
Il giudizio è Mancanza di responsabilità nei confronti di ciò che non amiamo di noi stessi.
Chiediamoci anche: quando giudichiamo come stiamo? L’energia delle nostre parole prima di arrivare agli altri resta intorno a noi e abita il nostro corpo fisico.
Quando noi critichiamo, ci autodistruggiamo, ci facciamo del male da soli.
Possiamo, inoltre, chiederci: quando diciamo qualcosa, perché la stiamo dicendo?
Approfondiamo, in questo modo, lo scopo della nostra comunicazione.
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In che modo la comunicazione va utilizzata? Come si può superare il giudizio degli altri?
Spesso parliamo del giudizio dal punto di vista di chi è giudicato. Ma qual è il punto di vista di chi giudica?
Oggi sembra andare molto di moda la frase “io dico tutto quello che penso”, ma questo implica una grande responsabilità e occorre farsi delle domande.
Quando sentiamo la spinta a dire per forza qualcosa, possiamo chiederci: il mio pensiero è giusto? Cosa provoca nell’altro? L’altro è pronto a ricevere il mio pensiero? L’altro ha chiesto un mio pensiero o un giudizio?
Le parole sono come un coltello affilato, quindi è necessario saperle usare. Occorre prestare attenzione a come diciamo le cose; non si tratta di mentire ma di maneggiare con cura la nostra comunicazione.
La parola è un arma, è una forma di potere. Forse oggi il più grande potere che abbiamo è proprio nella parola, anche attraverso la comunicazione di massa.
Quando noi comunichiamo ed esprimiamo un giudizio, di chi è la responsabilità? È di chi giudica o di chi reagisce al giudizio? Ma cosa è il giudizio?
Non è dire ciò che si pensa, non ha niente a che vedere la verità. È uno strumento di una nostra parte egoica che non è adulta e vuole eliminare ciò che le ricorda le sue mancanze. Quando siamo pieni interiormente non abbiamo il tempo di giudicare. Il giudizio nasce da una sofferenza interiore.
La domanda da farsi quando siamo di fronte al giudizio è: cosa mi spinge al giudizio? Qual è la sofferenza che c’è dietro? Cosa ci manca?
Il giudizio è Mancanza di responsabilità nei confronti di ciò che non amiamo di noi stessi.
Chiediamoci anche: quando giudichiamo come stiamo? L’energia delle nostre parole prima di arrivare agli altri resta intorno a noi e abita il nostro corpo fisico.
Quando noi critichiamo, ci autodistruggiamo, ci facciamo del male da soli.
Possiamo, inoltre, chiederci: quando diciamo qualcosa, perché la stiamo dicendo?
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